Digital Transformation: cinque rischi da evitare
Le ricerche sugli esiti della trasformazione digitale nelle aziende di tutto il mondo, condotte dalle principali aziende di consulenza (McKinsey, BCG, Accenture, Deloitte, EY), sono allineate ed evidenziano tutte un dato molto significativo.
Solo una piccolissima parte (inferiore al 5%) degli investimenti nella “digital transformation” - che è un modo per definire la trasformazione culturale indispensabile a dare senso e a valorizzare quella tecnologica - va a buon fine. Qual è il valore di questo dato?
Conviene forse nascondersi e aspettare tempi migliori per fare questa benedetta trasformazione digitale?
Quando mai nella storia dell’imprenditoria (e non solo) tenere la testa nascosta sotto la sabbia si è rivelata una scelta vincente?
A maggior ragione oggi, in un contesto altamente imprevedibile, la responsabilità dell’imprenditore è compiere scelte mai fatte prima, scegliere percorsi nuovi per modalità, esecuzione, strumenti. Scelte che richiedono una mentalità diversa, che richiedono coraggio.
Le cause che portano al fallimento di gran parte dei progetti di “digital transformation”, contemplano un’enorme quantità di variabili.
Senza la pretesa di elencarle tutte, sulla base delle mie esperienze negli ultimi anni, provo a vederne alcune particolarmente significative.
Prediligere l’approccio consulenziale a quello di accompagnamento del coaching
Stimolare e attivare la cultura in azienda è un progetto di “empowerment” delle persone - dipendenti e collaboratori.
Non c’è nessun insegnamento frontale, non è un corso di inglese, di agile o di python: è un percorso di scoperta delle persone che porta ad una crescita collettiva del gruppo.
Il percorso è la destinazione e per affrontarlo correttamente o per renderlo un’esperienza catartica deve essere accompagnato da un coach, non impostato da un consulente.
Farlo con attività di formazione finanziata
Purtroppo è risaputo quanto i vari aiuti economici di cui le aziende possono beneficiare per i progetti di trasformazione digitale, spesso siano un’arma a doppio taglio.
L’approccio più comune è forzare il percorso di consapevolezza e di crescita di gruppo, nella struttura di un corso di formazione finanziato, concepito per ben altre finalità (insegnamento frontale o consulenza).
Il risultato è il fallimento dell’iniziativa, in molti casi amplificata dal fatto che i dipendenti-partecipanti, consapevoli che per l’azienda lo scopo del corso è più il famoso 40% di credito d’imposta sulle ore di formazione che altro, dimostrano poco interesse e ancor meno fiducia sull’utilità dello sforzo.
Svolgerlo in un luogo in cui la cultura aziendale è considerata un’idea astratta e inutile
Si tratta naturalmente di un retaggio del passato ancora duro da fare scomparire.
Oggi per fortuna si è affermato il nuovo paradigma nel quale la definizione di concetti intangibili come la cultura aziendale è indispensabile al raggiungimento dei profitti. Purpose e profitti non sono in contrapposizione, bensì in forte simbiosi. La ricerca del purpose non coincide col perseguimento dei profitti, ma con la forza che unisce gli stakeholder per raggiungerli.
Ignorare gli effetti delle tecnologie in accelerazione esponenziale
Lo sviluppo di un numero sempre crescente di tecnologie accelera in modo esponenziale con effetti imprevedibili che riguardano ogni settore, industria, attività e impattano in modo dirompente sui modelli di business.
Qui l’impresa - davvero titanica - consiste nell’aiutare gli imprenditori a spostare l’ambito della competizione dai prodotti o servizi, direttamente ai modelli di business dirompenti ed agli ecosistemi innovativi di prodotti o servizi.
Steve Brown, ex-dirigente di Intel, afferma che l’impatto di queste tecnologie nei prossimi dieci anni sarà superiore a ciò che abbiamo conosciuto negli ultimi quaranta. E lo studio di un’università statunitense prevede che il 75% delle aziende nate nel secolo scorso scompariranno nei prossimi dieci anni insieme al 40% delle aziende della Top 500 di Fortune: in pratica il trend globale e quello locale coincidono.
Illudersi che il processo di innovazione sia efficiente
L’innovazione, per definizione, è un processo di scoperta “caotico” che procede per tentativi e per errori. “Se il responsabile dell’innovazione non ha il permesso di sbagliare, qualcosa non va.” (Massimo Tammaro, ex-comandante Frecce Tricolori)
La dicotomia dell’innovazione ci aiuta a capire che l’efficienza è solo una parte dell’innovazione, quella più “facile” da eseguire.
Tuttavia esiste un’altra parte altrettanto importante dell’innovazione, ignorata da oltre il 90% degli imprenditori, ed è quella di esplorazione dell’ignoto, di trasformazione di problemi importanti in nuove opportunità.
Queste sono almeno 5 delle cause che possono determinare il fallimento di una “digital transformation”, elencate senza nessun criterio di priorità.
In conclusione, il successo della trasformazione digitale risiede nei presupposti e nell’impostazione del progetto.
Richiede un atto di coraggio dell’imprenditore che riconosce il progetto come non più differibile in quanto leva strategica per creare le condizioni di crescita sul medio-lungo termine.
Un atto di coraggio e di fede sulla consapevolezza che l’output del percorso di definizione del purpose - prodromico alla trasformazione culturale e digitale - è difficile da prevedere ed anche da immaginare.
Come si fa a definire come sarà la “cultura”, quale sarà il “purpose” alla fine del percorso? Se conoscessimo la risposta prima di iniziare, non avrebbe alcun senso porsi il problema. Eppure non è così facile.
Tuttavia non esistono scorciatoie. Non si può fare il “copy and paste” del purpose o della cultura di un’altra azienda.
Ogni progetto di trasformazione digitale è diverso dall’altro, produce un output unico che riflette il DNA dell’azienda e ne diventa la sua identità più autentica proprio come un’impronta digitale.
Alla fine, come in tutte le storie a lieto fine, vince chi ha fede.
Chi crede che affrontare il percorso sia già di per sé raggiungere una destinazione importante e impara così a tracciare nuove strade prima di tutto per se stesso.
Vince chi accetta di mettersi in gioco consapevole che addentrarsi nell’ignoto per esplorare nuovi problemi e le proprie capacità di adattamento, è un’opportunità di crescita individuale e di gruppo irripetibile, irrinunciabile.