La quarta via alla crescita oltre mercati, clienti e disruption è il purpose
L’alternativa alle leve tradizionali di crescita: costruire identità, cultura e direzione a partire dallo scopo.
Negli ultimi anni, sempre più aziende hanno iniziato a dichiarare apertamente il proprio scopo, sostenendo di voler andare oltre il semplice profitto. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, il purpose rimane confinato a una frase suggestiva sul sito, a un video istituzionale ben curato o a qualche iniziativa di responsabilità sociale pensata per migliorare l’immagine aziendale.
Raramente, invece, viene messo davvero al centro delle scelte strategiche. Eppure, quando questo accade, i benefici sono tangibili: le organizzazioni che riescono a integrare lo scopo nella loro visione strategica, nei modelli di business e nella cultura interna mostrano maggiore solidità, attrattività e capacità di innovazione e raggiungono prestazioni economiche superiori alle aziende “profit-driven”.
Tuttavia, sono molti gli imprenditori che cercano la crescita attraverso i tre percorsi tradizionali: l’ampliamento dei mercati serviti, l’allargamento dell’offerta, la conquista di nuovi segmenti o l’introduzione di prodotti capaci di cambiare le regole del gioco.
Spesso ignorano che esiste una quarta via alternativa ampiamente sottovalutata: mettere lo scopo al centro, costruendo intorno ad esso una strategia coerente. Uno scopo chiaro, credibile e condiviso non solo rende più motivante il lavoro delle persone, ma aiuta anche a generare fiducia nei confronti dell’esterno e a orientare con maggiore lucidità le decisioni fondamentali.
In altre parole, lo scopo d’impresa è una leva competitiva che definisce la direzione e rafforza l’identità, evitando dispersioni e contraddizioni.
Affinché ciò accada, tuttavia, è necessario superare l’idea del purpose come dichiarazione astratta o esercizio di stile. Serve un lavoro profondo, che parta dall’ascolto e dal coinvolgimento reale delle persone. Definire il proprio scopo non significa cercare lo slogan perfetto, ma individuare con onestà quale impatto l’organizzazione vuole avere sul mondo, quale contributo unico può offrire alla collettività, ai propri clienti, ai territori e alle comunità di riferimento.
Una volta chiarito, lo scopo deve essere tradotto nelle scelte operative: le priorità di investimento, le decisioni su cosa sviluppare o abbandonare, le partnership da attivare.
Anche la cultura organizzativa va riletta in chiave di coerenza. I comportamenti e le interazioni interne, i sistemi di incentivazione, le modalità di collaborazione e comunicazione devono riflettere il purpose dichiarato. Altrimenti, si crea uno scollamento pericoloso, tra ciò che si dice e ciò che si fa, e non esiste niente di più pericoloso per la credibilità e la fiducia dei clienti, di uno scopo dichiarato che non ha riscontro nella pratica quotidiana.
Nel contesto italiano, questo tema assume un significato particolare. Molte PMI e imprese familiari possiedono, anche senza averlo formalizzato, un forte senso di identità e di scopo, spesso tramandato dai fondatori o costruito nel tempo con coerenza.
Il punto è che questo patrimonio resta implicito, invisibile, dunque difficilmente trasmissibile o utilizzabile come strumento strategico. Rendersi conto che lo scopo esiste, dargli una forma condivisa e usarlo come bussola per le scelte future fa la differenza, soprattutto in un contesto incerto e in rapido cambiamento.
Alla fine, ciò che conta davvero è la capacità di trasformare lo scopo in un criterio decisionale e non semplicemente qualcosa da raccontare a posteriori.
Un’organizzazione che riesce in questo passaggio costruisce una coerenza interna ed esterna ben visibile e percepibile, e si genera valore sostenibile e significativo.
Adattamento dal testo pubblicato su HBR a settembre 2019: Put Purpose at the core of your stratety