Cos'è l'economia della ciambella - Seconda parte
Come promesso, in questo episodio, il dodicesimo, propongo la recensione del libro di Kate Raworth, l’Economia della ciambella che ci invita a ripensare le basi su cui fondare il pensiero economico del XXI° secolo e ci ricorda che non esiste futuro sostenibile se non impariamo che la crescita economica non è indipendente dallo sfruttamento delle risorse naturali.
Se non hai ancora ascoltato la prima parte di questo argomento ecco il link all’episodio precedente, il numero 11.
Il libro propone un cambio di prospettiva per invitarci ad abbandonare la visione antropocentrica del mondo e a riconoscere il valore intrinseco del mondo vivente rispettandone ogni sua creatura, ogni suo equilibrio.
All’inizio ero molto intimorito dalla lettura di un libro di economia; in realtà sono rimasto incantato dal mondo che mi ha spalancato e dal modo facile e rigoroso in cui è scritto.
Sin dalle prime pagine ho trovato riferimenti che hanno moltiplicato il mio desiderio di proseguire per capire sino in fondo l’argomento. In particolare le parti in cui spiega che nell’ultimo secolo di storia l’economia ha perso il suo scopo, è diventata una scienza fine a se stessa che trova nella crescita senza fine del PIL la sua massima espressione finendo per contagiare anche i suoi protagonisti più attivi, le aziende e le attività commerciali che operano senza consapevolezza del loro scopo perseguendo inutilmente una crescita senza fine e insostenibile.
Chiunque abbia seguito gli episodi precedenti sa benissimo lo spazio che ho dedicato in questo podcast all’importanza dello scopo di un’azienda o di qualsiasi progetto imprenditoriale.
Per questo divulgare la conoscenza dell’economia della ciambella, è parte della missione del podcast dell’architetto dell’innovazione che anticipa il futuro del business a chiunque non voglia farsi cogliere impreparato dalle nuove sfide. E questa rappresenta una delle più importanti.
L’economia della ciambella ci obbliga a ripensare il concetto di crescita economica e di economia, perché in un contesto come quello attuale nessuna forma di business ha futuro senza la consapevolezza che il suo sviluppo dipende dalle risorse dell’ambiente nel quale è inserito.
Come nasce la rappresentazione grafica della ciambella?
L’economia oggi più che mai è il linguaggio delle politiche pubbliche, della vita pubblica, è la cornice mentale che modella la società, tuttavia nel 1974 von Hayek, vincitore del premio nobel per l’economia, ebbe a dire:
il premio nobel conferisce a un individuo un’autorità che in economia nessun uomo dovrebbe possedere perché l’influenza dell’economia che più pesa è quella esercitata sui profani” (politici, giornalisti, popolazione in generale).
Il libro ci propone subito una riflessione: il viaggio dell’umanità nel XXI° secolo sarà guidato da decisori, politici, giornalisti, imprenditori, attivisti, elettori preparati, formati oggi. Ma ai cittadini del 2050 oggi vengono insegnati approcci mentali che affondano le radici nelle teorie del 1950, a loro volta ispirati a teorie del XIX° secolo e dato che il XXI° è il secolo del cambiamento e dell’accelerazione esponenziale dello sviluppo tecnologico, davanti a noi si delinea un bel disastro.
Per cercare di rimediare Kate muove da un assunto diverso: se invece facessimo partire l’economia non dalle sue astrazioni ma dagli obiettivi a lungo termine per l’umanità e solo dopo ci chiedessimo quale tipo di pensiero economico potrebbe darci le migliori possibilità per raggiungerli?
Esistono evidenze scientifiche che l’economia e l’idea di crescita continua del PIL come le conosciamo hanno bisogno di essere ripensate. È tempo di ripensare questa curva sempre crescente del PIL inventato negli anni Trenta e diventato l’obiettivo primario dei governi che pensano la soluzione ai problemi economici sia solo quella di aumentare la crescita.
In effetti rispetto agli anni ’50 il PIL globale è cresciuto portando prosperità a miliardi di persone, ma creando al tempo stesso un’economia globale incredibilmente divisiva, degenerativa, destabilizzando rapidamente l’equilibrio dell’ecosistema dal quale dipendiamo.
Dal momento che abbiamo capito a nostre spese che il pianeta non è un magazzino, è giunto il momento di scegliere un’ambizione di crescita più solida ed elevata di quella dell’aumento del PIL.
Nel XXI° secolo la sfida dell’umanità è soddisfare le esigenze di tutti gli abitanti con i mezzi che il nostro pianeta ed il progresso verso questo obiettivo non si misura solo con parametri monetari, bensì con una serie di indicatori rappresentati graficamente nella forma di una ciambella.
I due cerchi concentrici della ciambella rappresentano i limiti sociali e planetari, visualizzano la coppia di condizioni - sociale ed ecologica - alla base del benessere dell’umanità. La base sociale delimita il confine interno della ciambella e specifica i bisogni vitali che tutti devono poter soddisfare. Il tetto ecologico delimita il confine esterno della ciambella oltre il quale la pressione sull’ecosistema diventa pericolosa. Nel XXI° secolo l’umanità dovrà trovare nuovi equilibri con cui prosperare tra questi due confini: lo spazio ecologicamente sicuro del cerchio esterno e quello socialmente equo di quello interno entro il quale l’umanità dovrà trovare nuovi equilibri per prosperare.
Vediamo quali sono le sette mosse per pensare come un economista del XXI° secolo:
1. Cambiare obiettivo
Per oltre 60 anni il pensiero economico ci ha raccontato che la crescita del PIL sarebbe stato un indicatore sufficientemente affidabile del progresso e che aveva l’aspetto di una curva in perenne salita. Ma per il XXI° secolo servono una forma e una direzione diverse del progresso, serve un obiettivo più grande.
A questo punto della storia dell’umanità ciò che meglio descrive il progresso di cui abbiamo bisogno non è una curva in perenne ascesa, ma un equilibrio dinamico all’interno dei confini sicuri e equi della ciambella su entrambi i fronti: il rispetto dei diritti umani e dei limiti dell’ecosistema.
Invece di perseguire la crescita infinita, è ora di scoprire come prosperare in equilibrio.
2. Vedere l’immagine complessiva
Dobbiamo ridisegnare l’economia e per farlo in questo capitolo Kate illustra l’esigenza di una nuova narrativa dell’economia integrata nella società e nell’ambiente, ricorrendo alla rappresentazione di uno spettacolo teatrale in cui gli attori protagonisti sono quelli dell’economia. Per raccontare una storia diversa dobbiamo partire da una nuova immagine dell’economia. I protagonisti in ordine di apparizione dell’economia integrata:
La natura che da la vita, quindi rispettiamo i suoi confini
La società che è fondamentale, quindi coltiviamo le sue connessioni
L’economia che è diversa, quindi valorizziamo le diversità
Il mercato che è potente, quindi integriamolo con saggezza
I beni comuni che sono creativi, quindi liberiamo il loro potenziale
Lo stato che è essenziale quindi facciamolo partecipare
La finanza che è al servizio, quindi facciamola servire
Il business che è innovativo, quindi diamogli uno scopo! La visione ristretta di Friedman sul business del business ha perso credibilità. Di fronte alle sfide del XXI° secolo le aziende hanno bisogno di uno scopo più stimolante della massimizzazione del valore azionario.
Il commercio che è a doppio taglio quindi rendiamolo equo
L’energia che è pervasiva quindi evitiamone l’abuso
3. Coltivare la natura umana
Al centro dell’economia del XX° secolo c’è il ritratto dell’uomo economico razionale (egoista, isolato, calcolatore, stabile) ma la natura umana è infinitamente più ricca di quest’arida descrizione. Secondo l’economista Robert Frank questa nozione dell'homo economicus ha alterato l’idea che abbiamo di noi stessi e il modo in cui ci comportiamo.
L'intera teoria economica è basata sull’assunto che l’egoismo competitivo non è solo uno stato naturale, ma addirittura la strategia ottimale per il successo economico, creando effetti dannosi. Infatti incoraggiandoci ad aspettarci il peggio dagli altri, fanno uscire il peggio di noi e con la paura di passare per fessi, siamo spesso riluttanti a prestare attenzione ai nostri istinti più nobili.
Il ritratto che abbiamo di noi stessi finisce per modellare ciò che diventiamo, ecco perché è fondamentale che l’economia raffiguri una nuova immagine del genere umano.
Non siamo egoisti, bensì strettamente sociali,
Non abbiamo gusti fissi, bensì valori fluidi,
Non siamo isolati, bensì interdipendenti,
Non calcoliamo, bensì approssimiamo,
Non dominiamo la natura, ma siamo intrecciati nel groviglio della vita.
È tempo per un cambio di prospettiva dai valori antropocentrici al pieno riconoscimento del valore del mondo vivente rispettandone incondizionatamente ogni sua creatura, ogni suo equilibrio prendendoci cura dell’intero ecosistema nel quale le attività economiche si svolgono.
4. Acquisire comprensione per i sistemi
Per entrare nella ciambella bisogna spostare l’attenzione dell’economista da come cade la mela a come cresce la pianta, dalla meccanica lineare alla dinamica complessa.
Bisogna dire addio al mercato come meccanismo e togliersi l’elmetto da ingegnere per indossare i guanti da giardiniere.
In 100.000 anni di evoluzione il nostro cervello ha imparato a gestire ciò che è vicino, a breve termine che richiede reattività in un mondo di cambiamenti incrementali lineari. Ma in un contesto come quello attuale in cui la realtà è dinamica, in accelerazione esponenziale, instabile e imprevedibile tutto ciò non ci aiuta.
A questo si aggiungono 150 anni di teoria economica che hanno rinforzato le nostre distorsioni con modelli meccanicistici e metafore imprecise.
Ancora una volta, il premio nobel dell’economia von Hayek biasimò la propensione degli economisti a imitare le procedure delle scienze fisiche:
“un tentativo che nel nostro campo può portare a errori clamorosi”.
La sfida generazionale richiede che gli economisti del XXI° secolo abbraccino la complessità dei sistemi evolutivi della natura e ricorrano alle intuizioni che da essa derivano per trasformare il sistema economico rendendolo distributivo e rigenerativo sin dalla progettazione.
5. Progettare per distribuire
La comprensione dei sistemi dinamici complessi ispirati alla natura della quarta mossa spalancano la strada alla progettazione di un sistema economico distributivo “by design”.
Al fine di creare e mantenere il nuovo equilibrio dinamico gli economisti del XXI° secolo dovranno progettare economie distributive che sfruttano in pieno le opportunità senza precedenti offerte dalle tecnologie in accelerazione per distribuire ricchezza e conoscenza in modalità open-source e peer-to-peer by-passando gli organismi di centralizzazione tipici del XX° secolo.
Come? Superando il falso mito dell’economia secondo il quale “nessun dolore, nessun guadagno” utilizzato per giustificare la disuguaglianza strutturale del sistema che crede nella capacità auto distributiva della ricchezza.
Ad oggi invece i fatti dimostrano l’esatto contrario: nei paesi più ricchi del mondo, il divario tra ricchi e poveri è al livello massimo degli ultimi decenni.
La crescente disuguaglianza non è un male necessario del progresso, bensì una pessima scelta politica. La disuguaglianza è un errore di progettazione del sistema economico che per impostazione predefinita deve essere progettato per la distribuzione.
6. Creare per rigenerare
La teoria economica dice di non preoccuparsi e che la crescita aggiusta tutto, ma non possiamo aspettare che la crescita aggiusti le cose perché non lo farà. Il degrado ecologico è il risultato di una progettazione industriale degenerativa che dobbiamo abbandonare in favore di un’economia circolare – non lineare “estrai-trasforma-utilizza-disperdi” – che restituisca agli esseri umani il ruolo di partecipanti a pieno titolo nei processi ciclici della vita sul pianeta.
Per creare e mantenere il nuovo equilibrio dinamico, il sistema economico del XXI° secolo dovrà essere rigenerativo in modo tale che le risorse siano sempre rigenerate e che gli scarti di un processo alimentino quello successivo.
7. Essere agnostici riguardo la crescita
L’economia mainstream vede la crescita infinita dell’economia come un obbligo. È cosi che siamo finiti ad avere economie che devono crescere, poi non importa se ci fanno prosperare o meno.
Ma nel XXI° secolo ciò di cui abbiamo veramente bisogno sono economie che ci facciano prosperare, non importa che crescano o meno, abbiamo bisogno di economie in cui il PIL possa variare, in cui a volte aumenti, a volte diminuisca in conseguenza di questa trasformazione.
Ripensare la forma del progresso implica un profondo cambiamento di mentalità e di prospettiva che ci spinge ad essere agnostici riguardo alla crescita: impariamo a capire che le economie che oggi dipendono finanziariamente, politicamente e socialmente dalla crescita, possono esistere con o senza di essa, possono essere molto più distributive e rigenerative, lavorare con, non contro i cicli della natura.
Riassumendo, avrei potuto sintetizzare il libro in tre parole: “prosperità, non crescita”. Perché in estrema sintesi l’economia della ciambella evidenzia i limiti del pensiero economico ispirato dalla continua crescita del PIL. È un invito a creare le condizioni in cui prosperare all’interno della ciambella rispettando i limiti sociali e quelli planetari.
Le sette mosse per pensare come un economista del XXI° secolo rappresentano una serie di principi, schemi per reinventare un’economia prospera capace di soddisfare i bisogni di tutti in modo equilibrato senza eccedere il potenziale del nostro pianeta affrontando la velocità, l’imprevedibilità, l’instabilità del cambiamento.
In modo semplice e rigoroso Kate Raworth traccia la storia del pensiero economico alla base della società competitiva di oggi proponendo strumenti e principi per superare l'immagine distorta dell’homo economicus impiantata nel nostro immaginario.
I sette modi per ripensare l’economia del XXI° secolo proposti nel libro non sono certo la ricetta magica del futuro, ma piuttosto una roadmap da applicare, studiare e adattare con flessibilità ai nuovi contesti che si verranno a creare. L'economia della ciambella vuole essere una raccolta aperta a tutti fatta di strumenti, principi, ideali con cui ripensare e reinventare l’economia nel XXI° secolo, vuole essere la bussola che indica la strada del progresso.
L’economia della ciambella può essere la bussola che ci aiuta a verificare se la nostra vita quotidiana si muove in equilibrio tra i cerchi della ciambella. Se ciò che acquistiamo, consumiamo, ciò di cui ci nutriamo, come viaggiamo, votiamo, ci spostiamo, scaldiamo la casa, tutte le nostre azioni quotidiane rispettano l’equilibrio tra lo spazio sociale e quello ambientale definito dai due cerchi della ciambella.
Perché proprio tra i confini della ciambella, tra lo spazio socialmente equo e quello ecologicamente sicuro troveremo il nuovo equilibrio per prosperare sia come realtà imprenditoriali, istituzionali, che soprattutto come individui singoli, comunità locali, nazionali e globali.
Risorse:
Economia della ciambella, pubblicato da Edizioni Ambiente, autore Kate Raworth
La guida pratica per applicare l’economia della ciambella nelle città che vogliono crescere
L’intervento di Kate Raworth al TEDxAtene nel 2014
L’intervento di Kate Raworth alla Royal Society of Art RSA nel 2013
Crediti immagine di copertina: By Arbeid Milieu, CC BY 2.0.